Il Tesoro di Michele Zanche tra storia e leggenda






 Il tesoro di Michele Zanche, il regolo di Torres, il barattiere cui Dante assegnò il posto che gli spetta nell'Inferno e nella storia aveva raccolto, con i suoi onesti metodi di governo, grandi ricchezze. Dove nascose queste ricchezze che, dopo la sua morte avvenuta per mano del genero Brancadoria, non furono più ritrovate?
Secondo uno scritto furono nascoste nei sotterranei del palazzo del Regolo. Un edificio che sorgeva lungo l'attuale Corso V. Emanuele, tra piazza Nazario Sauro (ricavata proprio dopo la sua demolizione) e il 'Palazzo Giordo'.



Questo documento, una antica pergamena (forse stilata da qualche frate burlone), a firma Michele Zanche, datata 1234, e successivamente riprodotta con qualche modificazione di forma dice:
“Nel mio palazzo di Sassari Città di Sardegna, che dietro mira a tramontana ad un altro di mia proprietà e di lato dirito sostenuto da otto arcate la ultima più bassa segnata da due linee parallele nasconde mie gioie in un unico... diversi e nell'anno... e più deve esistere a lo aposento una cassetta di bronzo piena di preziose gioie d'oro e di argento e a basso di questa vicino ad una scala vecchia a chiocciola (realmente esistita in quel palazzo, secondo quanto riporta E.Costa) che conduce ai miei sottani vi sono due cadaveri abbasso di una crotta di ferro. Su la porta che da al palazzo e discendendo al sottano a basso dell'arco che tiene la scala e dove stanno scolpiti quattro segnali paralleli con dieci P in una pietra vi è un tesoro in un vaso di porcellana. Li detti quattro segnali corrispondono ad altri nella cantina vechia en la roca ferrata per mio ordine e donde questa entrata a altre due crotte piccole così stesso ferrate. En la prima esiste un pozzo pieno di scaglie di pietra e in mezzo di queste sta una palla di ferro e la elsa o manigo di una spada e altre escoglie incantonate nella medesima cantina.
Il secondo tesoro esiste abasso li segnali vechi nell'ultima arcata dove sta vicina la porta murata che d'entrata con dodici gradini in vari gabinetti sotterranei. Altro di detto tesoro sta nell'angolo opposto a detto arco mirando da esso a mezzogiorno ed è tambien in un vaso di gesso o porcellana.
Il quarto di pocca importanza è nascosto abasso d'una falsa torricola esistente nelle due piccole cantine che corrispondono abasso della prospettiva del palazzo.
La detta falsa torricola tiene da un lato un finestra e in essa esiste una moneta che mostra la dinastia pisana.
L'ultimo e donde esistono 40000000 miglioni (quaranta milioni ) in verghe d'oro e di argento e monete coniate nascosto a la direzione di mezzogiorno e la direzione di levante, più a levante a venti passi del muro che sta vicino alle otto archate a quella misura principia dall'arco più basso e si entra da tre diversi punti.
Primo da un canale che è vicino alla proprietà mie e principia questa dalla falsa torricola e dove sta la piccola monete.... a diciasette piedi tanto di profondità che di lato al primo tesoro che esiste abasso dell'arco della scala e abasso delli quattro segnali.
Il secondo è estraendo las pezza del portale murato che da entrata con scalini in vari gabinetti a questo vicino all'arcata più bassa. Questa pezza tiene improntata una testa umana e una chiave.
Il terzo s'incontrerà scrostando le pareti del terzo gabinetto sotterraneo che s'inconta a dieci passi discendendo appena li dodici scalini della porta murata abasso l'arco e questo gabinetto è tutto lavorato a colpi di mazzetta o martello per ingannare la pezza che in esso esiste...
Sassari li 11 aprile 1234
Luogo del Sigillo Michele Zanche "

Questo documento rivelatore ha l'aria, se non di mistificazione, per lo meno di leggenda.

Dall'Archivio Pittorico di Enrico Costa
E arriviamo alla storia, poiché questa ridda di tesori e di miglioni, appartenuti al regolo di Torres, ha una vera e propria storia. Non si tratta di storia del secolo XIII, ma di epoca ben più recente, e precisamente dal 1850 fino alla fine del secolo (per lo meno queste le informazioni finora reperite).
Verso il 1850 abitava nella famosa casa di Michele Zanche un certo Pinna, il quale possedeva una pergamena (questa che ho citato o un'altra simile) che parlava del tesoro. Il Pinna avrebbe voluto fare delle ricerche affidandosi a degli operai. Questi, attirati dalla mercede, accettarono, ma quando quando si trattò di scendere negli intricati sotterranei (che dovrebbero almeno in parte esistere ancora oggi), impauriti, tornarono indietro.
Così, mentre il Pinna si struggeva di arrivare ai miglioni nascosti, si giunse al 1852, l'anno della famosa rivolta contro i bersaglieri (di cui ho parlato in un precedente post). Un certo Gaetano, un tagliapietre che forse aveva sulla coscienza l'uccisione di qualche milite, essendo ricercato dalla giustizia, riparò in casa del Pinna. Quest'ultimo colse il profugo al balzo, lo nascose ma lo costrinse a scavare per il tesoro. E Gaetano scavò, spronato dal desiderio e dall'ansia, stretto fra la paura della forca, alla luce del sole, e dell'ignoto, in quel piccolo mondo sotterraneo.
Secondo alcune testimonianze dei primi anni del novecento lasciate a 'La Nuova Sardegna' da chi sapeva e ricordava molte cose di quei tempi lontani, il tagliapietre lavorò a lungo con ostinata pazienza, trovando il tesoro da cui tolse alcune monete pisane e, celandolo nuovamente, si presentò al Pinna.
La proposta fu una divisione al 50% ma il padrone di casa non accettò, sebbene si trattasse di tanti miglioni. La trattativa durò per mesi con il piccapietre accontentatosi di un terzo. Intanto era sopraggiunto il 1855 e, con la terribile epidemia di colera, Gaetano, colpito dal morbo asiatico, spirò senza rivelare il segreto.
Dall' Archivio Pittorico di E.Costa
. Sul lato sinistro è scritto "sul Corso di fronte alla casa Boyl"
Passano altri cinque anni e qualcuno, venuto nel frattempo a conoscenza della vicenda, costituì una sorta di società per procedere agli scavi e al ritrovamento. Di essa facevano parte fra gli altri, Fulgenzio Delitala, giornalista e preside del liceo, il Prof. Contini e un ispettore di pubblica sicurezza.
Fu facilmente ritrovata la scala a chiocciola, di cui parla il documento riportato. Una scala in granito rosso (probabilmente di manifattura pisana, cita il Costa) che discendeva nei sotterranei della vecchia casa. E sotterranei ve n'erano parecchi. Una lunga galleria saliva verso la parte alta della città, verso la piazza Cavallino. Un'altra scendeva verso la piazza S.Antonio e le due vie sotterranee sembravano interminabili, tanto che nessuno si arrischiò di avventurarsi fino alla fine. I documenti però indicavano un'altra direzione: a levante, verso la piazza Tola. E infatti i pionieri...dell'oscurità tentarono di aprirsi una via, scavando assiduamente nella roccia viva. Le manovre furono avvertite da qualcuno che provocò un piccolo scandalo, tanto da far intervenire le autorità a cessare ogni cosa.
Il tesoro del barattiere non era destinato a venire alla luce! Prima l'ostinazione di Gaetano, poi il colera, ed infine le autorità si opponevano ai disegni degli audaci esploratori.
Passati altri venticinque o trent'anni dal 1860 il vecchio progetto ritornò in ballo. I ricordi di questa terza avventura sono più precisi, vi fu ancora chi seppe ogni cosa, e forse chi vide.
Le nuove ricerche partirono questa volta da una casa attigua a quella che fu di Michele Zanche. Per l'esattezza dalla casa della marchesa di Montemuros. Con la complicità di un inquilino  i ricercatori penetrarono nelle cantine di Michele Zanche che, ancora una volta, apparivano come un labirinto di vie sotterranee. Scavi remoti e scavi più recenti avevano formato una specie di catacombe in proporzioni ridotte. Tra le molte gallerie vi era quella che conduceva verso la parte inferiore della città, si diceva anzi che essa conducesse fino a Monte Oro, dove forse una volta erano esistite delle miniere di metalli.
Questa ipotesi era sorretta da due circostanze: in primo luogo il fatto che in una campagna in regione Monte Oro esisteva un profondo baratro, colmato dal proprietario con un continuo gettito di pietre. In secondo luogo furono ritrovate nei sotterranei delle scorie di metalli. Qualcuno affermò che provenissero appunto da queste miniere, altri che si trattasse di detriti di verghe auree e argentee, sostenendo infine che nelle cantine della casa di Michele Zanche fosse situata la famosa Zecca di Sassari.
Le ricerche continuarono quindi prendendo sempre come punto di partenza la scala a chiocciola in granito (che ancor oggi potrebbe essere, per la parte rimasta dopo la demolizione dell'edificio, seppellita al di sotto del piano stradale) ma sorse un ostacolo imprevisto: l'acqua. Parte dei percorsi risultarono allagati e i cercatori introdussero nel sottosuolo delle pompe, affannandosi inutilmente, quasi al buio e in mezzo alla fanghiglia, per aprirsi la via verso la ricchezza. I tentativi fatti intorno al 1890, quindi, fallirono ancora una volta, lasciando la leggenda del tesoro del barattiere nel mistero.
Nel 1897, racconta Enrico Costa su 'Sassari', la casa oramai in rovina, a causa di un crollo, fu espropriata e demolita dal Comune creando sul Corso V.Emanuele quello spiazzo ancor oggi esistente denominato piazza Nazario Sauro.

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